Solidità: valore chiave aziendale

Solidità: valore chiave aziendale a garanzia della sostenibilità nel tempo. 

Il sistema valoriale è caposaldo dell’identità personale, individuale e collettiva. Sul piano aziendale, non si può parlare di organizzazione prescindendo dai suoi valori.

Di fatto, gli stessi costituiscono l’essenza identitaria dell’azienda, elemento distintivo per antonomasia. Sono i principali driver comportamentali che indirizzano il modo di porsi sul mercato e il modus operandi interno, cioè l’approccio al mercato e al clima aziendale.

Conoscere il proprio DNA è certamente tra i fattori di critici di successo e la solidità è un valore chiave aziendale. Del resto, sapere chi si è e come si vuole agire, nella dinamicità del vivere, anche in rapporto alle dinamiche di mercato e aziendali, è alla base della propria solidità. L’annesso processo conoscitivo è tanto arduo, quanto affascinante.

Il Gruppo De Pasquale è sempre stato conscio della preziosità del valore di un’identità forte e chiara. Su questa ha costruito fondamenta solide, a garanzia del proprio posizionamento sul mercato e della continuità aziendale.

Non è facile mettere a fuoco i propri punti di forza, in quanto spesso si è totalmente assorbiti dall’operatività ordinaria e dalla dinamicità del contesto di riferimento. È di fatto fondamentale conoscere molto bene le proprie origini e il proprio sistema valoriale, fondamenta del proprio agire, e farne memoriale. È anche essenziale valutarlo con spirito critico, a garanzia della sua solidità nel tempo. I cambiamenti di scenario sono repentini”, afferma Sergio De Pasquale, Founder del Gruppo.

Il Gruppo De Pasquale infatti aggrega diverse società, sinergiche tra loro per expertise e strumenti, insieme per offrire servizi performanti, a 360° e ad alto valore aggiunto in ambito Outsourcing. Con diversi processi (di customer service, di back-office, in ambito contabile/amministrativo) e settori merceologici gestiti, dall’assicurazione, al bancario e parabancario, al credito al consumo, all’editoria, all’industria, il Gruppo vanta uno storico di ben oltre 40 anni di attività.

La solidità deriva da un sistema di valori forti e chiari

E aggiunge: “Quando ho fondato il Gruppo volevo creare valore, essere utile al mercato, alle tante aziende alle prese con problematiche di solidità operativa, organizzativa e anche finanziaria, avendone piena contezza. Così, ho portato in azienda i valori che ho ricevuto dalla mia famiglia: visione di insieme, integrità, determinazione, responsabilità e pragmatismo. Mai il passo più lungo della gamba e grande attenzione ed apertura al nuovo, oltre ad affidabilità e trasparenza; la parola data per noi è ancora un valore, è solidità, valore chiave aziendale”.

“In sostanza, la nostra è un’attività di supporto alle tante aziende che si rivolgono a noi non solo per efficientare i loro processi, ma anche per avere un partner capace di seguire e supportare le evoluzioni tecnologiche, organizzative, e rispondere con dinamismo alle mutate esigenze di mercato ed operative, spesso anticipandole, grazie alla solida esperienza maturata sul campo, alla costante formazione, al forte impegno nell’innovazione tecnologica, ambiti in cui abbiamo sempre investito molto”, dichiara Denise De Pasquale, braccio destro del padre Sergio, alla conduzione del Gruppo sin dagli albori.  

Solidità: valore chiave aziendale caratterizzante la mission del Gruppo De Pasquale.

Nato da una famiglia da sempre dedita al lavoro, che crede fortemente nel valore della professionalità e della concretezza dei risultati.  E i 40 anni di storia del Gruppo ne sono un’inconfutabile evidenza.

Risultati concreti dunque che esprimono solidità. Nonostante le tante sfide imposte dall’evoluzione del mercato, dagli eventi pandemici e dai tanti “tsunami”, le performance permangono positive nel tempo,sia in termini di clientela consolidata, sia di indicatori di solidità patrimoniale e finanziaria.

Solidità, valore chiave aziendale, riflesso nella clientela, storica e consolidata.

Il Gruppo gode indubbiamente di un portafoglio clienti solido e di elevato outstanding. Infatti, oltre il 70% della clientela è rappresentato da realtà aziendali di grandi dimensioni, molte note sul mercato, che hanno sposato sin da subito il sistema valoriale. La duratura relazione, che si alimenta e consolida nel tempo, è dimostrazione della reciproca profittabilità e comunanza di vedute.

A ciò si aggiunge la solidità, valore chiave aziendale, della “clientela interna”. 

Un altro fattore di certo fortemente espressivo della solidità, valore chiave aziendale, consta nella capacità del Gruppo di essere presente in modo saldo in un mercato, specie quello del lavoro, in continua trasformazione. Una percentuale significativa della popolazione aziendale ha una permanenza in azienda ultra ventennale. Persone che hanno aderito al sistema valoriale, ne hanno riconosciuto la solidità, come valore chiave aziendale, contribuendo nel tempo con il loro operato al suo rafforzamento ed evoluzione. Le persone sono indiscutibilmente un fattore critico di successo e sulle stesse si concentrano investimenti in formazione e valorizzazione delle competenze.

Solidità: valore chiave aziendale anche sul piano patrimoniale ed economico. 

In conclusione, il Gruppo De Pasquale è una storia di successo, anche sul piano della solidità patrimoniale ed economica delle società partner. Indici di bilancio positivi confermano una solida capacità imprenditoriale che genera risorse finanziarie, non solo per le esigenze derivanti dalla gestione corrente, ma anche per sostenere investimenti duraturi, effettuabili senza ricorrere all’indebitamento verso terzi. In sostanza, capacità di risorse proprie adeguate a garantire non solo l’attività, ma anche lo sviluppo, quindi la solidità, valore chiave dell’azienda a garanzia della continuità imprenditoriale e della sostenibilità nel tempo.

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Mercato del lavoro e nuove competenze

Per una realtà come Gruppo De Pasquale il cui asset principale sono le persone, dinamiche del mercato del lavoro e questioni di competenze hanno un impatto decisamente importante. Come tante altre realtà in questo contesto di mercato, anche le nostre aziende – Winflow, Sint, PLF e Sanmarco Consulting – si trovano a far fronte a difficoltà su diversi fronti: trovare profili in linea con le esigenze di business, trattenere persone con le competenze giuste, acquisire competenze digitali che consentano di portare avanti percorsi di digital transformation. 

Il mercato del lavoro è notevolmente cambiato nel post pandemia perchè, da quanto osserviamo direttamente ascoltando le nostre persone e attraverso recruiting continuo, sono cambiate le priorità del singolo lavoratore, è cambiata la percezione del lavoro come mezzo di realizzazione. Se a questo si associa il gap di competenze Stem che ci portiamo dietro da tempo e la necessità di un mindset più digitale a tutti i livelli e in tutte le aree aziendali, non possiamo che condividere quanto rilevato dalla Commissione Europea: tre quarti delle imprese europee fatica a trovare lavoratori qualificati

Il mismatch tra competenze disponibili e competenze richieste si pone non solo nella fase di ingresso nel mondo del lavoro ma anche nei successivi anni di permanenza in azienda. Le continue evoluzioni del contesto di business e l’innovazione tecnologica, infatti, richiedono un allineamento veloce lato competenze. Da qui la necessità di formazione e aggiornamenti continui. 

Per imprimere un cambiamento culturale, la Comunità Europea ha dichiarato il 2023 “Anno Europeo delle Competenze” con l’obiettivo di promuovere la tendenza alla riqualificazione professionale e all’aggiornamento delle conoscenze. 

Le competenze che mancano sono sicuramente quelle settoriali, più legate alle specificità di business, ma mancano anche competenze più trasversali sempre più sono in grado di fare la differenza. Tra queste:

  • leadership e management necessarie per gestire team di persone e portare avanti logiche progettuali
  • capacità di comunicare, di persona e attraverso tutti i canali oggi disponibili
  • capacità di gestire relazioni interne ed esterne alla realtà aziendale 
  • capacità di analisi dei dati, alla luce del fatto che oggi tutto è misurabile, anche attività di pura comunicazione. E’ evidente che una corretta analisi del dato, in qualunque area aziendale, può aiutare a fare previsioni più attendibili, prendere decisioni più accurate, ottimizzare qualunque attività o processo
  • conoscenza delle lingue, inglese in primis
  • competenze che possano supportare le aziende in percorsi ESG

A queste si associano, inevitabilmente, le competenze digitali, sia di natura prettamente tecnologica legate a infrastrutture e applicazioni, sia necessarie alla digitalizzazione di aree di business e funzioni di staff. 

A livello tecnologico, secondo IDC, oggi la domanda di competenze è molto elevata in cinque aree tecnologiche: sicurezza, cloud, automazione, intelligenza artificiale e sviluppo software.

Nelle aree di business e di staff le digital skill necessarie sono quelle necessarie a presidiare processi più digitalizzati e più automatizzati, gestire piattaforme social, con riferimento ad esempio all’area marketing e comunicazione ma anche all’area HR. 

Nonostante le difficoltà del momento, siamo ottimisti e convinti che parte di questi gap, in particolare quelli legati a digital skills più trasversali, si possa colmare. Certo è un percorso che richiederà tempo e soprattutto menti aperte al nuovo, al cambiamento, all’innovazione. 

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L’Outsourcing: un settore in evoluzione

La visione di Gruppo De Pasquale, da oltre 40 anni al fianco delle imprese

Gruppo De Pasquale, realtà imprenditoriale 100% italiana da oltre 40 anni attiva nel mercato dei servizi finalizzati a migliorare i processi e l’agilità delle imprese, ha vissuto diverse fasi del ricorso all’Outsourcing, inteso come l’affidamento di attività o interi processi a terze parti.

Nei primi anni Novanta, l’Outsourcing era un fenomeno circoscritto alle attività di basso valore strategico, poco complesse, standardizzabili e ripetitive, finalizzato alla riduzione dei costi operativi. Negli anni 2000, grazie alla diffusione delle tecnologie digitali, iniziò ad interessare attività più vicine al core business. Oggi, su spinta della digitalizzazione e del fenomeno della servitization, stiamo assistendo ad un cambiamento di paradigma, come emerso anche dal Rapporto “La Seconda transizione dell’Outsourcing” realizzato dal Censis e Gruppo De Pasquale lo scorso anno.

Le aziende che esternalizzano lo fanno con maggiore consapevolezza e maggiori aspettative. L’equilibrio tra costi fissi e variabili, la ricerca di flessibilità organizzativa e di semplificazione degli assetti organizzativi continuano ad essere fattori centrali nella scelta dell’esternalizzazione ma a questi si aggiungono la ricerca di un partner che supporti nell’innovazione di processo, oltre che di prodotto, con l’obiettivo di  mirare ad un incremento continuo dei livelli di flessibilità e di adattabilità imposti dal mercato.

È su questo terreno che si misura la capacità di realtà come la nostra di continuare a crescere, giocando un ruolo di partner delle imprese negli ecosistemi che sempre più si stanno configurando, con un’offerta di servizi allineati ai processi di innovazione portati avanti dalle aziende clienti”, sostiene Denise De Pasquale, Presidente del Gruppo De Pasquale.

Denise De Pasquale – Presidente Gruppo De Pasquale

Per come lo vive Gruppo De Pasquale, che punta ad elevata personalizzazione e qualità del servizio, l’outsourcing diventa un percorso che richiede una condivisione e un’interazione continua con il cliente. Ed è proprio questo confronto che fa crescere la fiducia e il riconoscimento della competenza messa a disposizione.  In questa fase, si diffonde un rapporto più “maturo” fra aziende e outsourcer e un innalzamento del livello di responsabilità condivisa, logiche di partnership consentono di sfruttare al meglio le potenzialità di entrambi. L’innovazione tecnologica ha imposto, di fatto, un “upgrading” a tutti i soggetti presenti nella triangolazione del servizio: utente finale, azienda che esternalizza, outsourcer.

L’evoluzione futura dell’outsourcer passa, quindi, dalla capacità di innovare l’offerta di servizi e di dominare la straordinaria complessità che la digitalizzazione sta producendo. Il nuovo ruolo dell’Outsourcer sarà sempre più quello di partner strategico, acceleratore di percorsi di innovazione e “abilitatore” di nuovi modelli di business.

Un ruolo ambizioso che richiede forte specializzazione, tecnologia ed esperienza, orchestrate in funzione del contesto cliente.

“Abbiamo sempre investito sulle persone e sulle competenze – 50 ore di formazione pro capite nel 2022 – e continueremo a farlo. L’evoluzione delle competenze è stato il primo fattore che ci ha consentito di incrementare il livello di specializzazione e restare competitivi. Oggi, più che in passato, investiamo in nuove tecnologie che abilitano una gestione sempre più digitalizzata dei processi che ci vengono affidati e consentono alle nostre persone di lavorare meglio. L’obiettivo è quello di mettere a disposizione il mix giusto di competenze e tecnologie per supportare percorsi di cambiamento delle nostre aziende clienti”, conclude Denise De Pasquale.

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Il Metaverso: a che punto siamo

Abbiamo parlato, nella precedente news, di quanto siano “digital” gli italiani. Restando sempre sul tema del digital, non potevamo ignorare il Metaverso.

Trattiamo questo tema a partire da una sua definizione, seppur tutti ne parlino da un pò. Le domande che ci poniamo sono diverse: che cos’è il Metaverso? Gli italiani sono veramente interessati o solo curiosi? Quali sono gli ambiti che più si prestano ad una sua implementazione? In quali ambiti sono stati realizzati già progetti? 

Per dare risposta a queste domande ci affidiamo agli esperti che monitorano questo e altri trend che stanno cambiando il nostro modo di interagire nel privato e in ambito lavorativo.

Quello che si evince, dall’analisi dello scenario,  è che la conoscenza del tema è ancora limitata, le nuove generazioni con un livello culturale più alto sono quelle più ottimiste ed entusiaste, le aziende iniziano a realizzare progetti a partire da processi che hanno alla base la relazione con l’utente finale. 

Una definizione di Metaverso

Riprendiamo la definizione di Vincenzo Cosenza, marketer e saggista che, lo scorso anno, ha lanciato l’Osservatorio Metaverso. 

“Il metaverso è una rete interoperabile e su larga scala di mondi virtuali tridimensionali rappresentati in tempo reale che può essere esperita in maniera sincrona e persistente da un numero illimitato di utenti”.

Nell’ottica di semplificare il concetto, possiamo sostenere che vi sono più mondi virtuali che ricreano veri e propri spazi in cui gli utenti possono muoversi. Va da sè che si muovono per incontrare e interagire con altre persone. Il Metaverso non è un singolo mondo virtuale ma è rappresentato dall’interconnessione tra più mondi virtuali differenti.

Gli italiani e il Metaverso

Tra gli obiettivi dell’Osservatorio Metaverso vi è anche quello di capire se gli italiani lo conoscono e se si ritiene possa davvero entrare a far parte delle nostre vite. 

Quello che emerge è che solo il 6% degli intervistati da Ipsos e Osservatorio Metaverso dichiara di sapere molto sul tema, gli altri o non lo conoscono o ne hanno sentito parlare o “sanno un pò di cose”. E’ evidente che la conoscenza c’è ma è di superficie. C’è tuttavia curiosità sul tema – metà degli intervistati lo associa a qualcosa di emozionante che permetterà di fare cose nuove e di imparare – ma anche preoccupazione per eventuale perdita di contatto con la realtà e per questioni di privacy

I frequentatori del Metaverso

Chi ha fatto, almeno una volta, un’esperienza nel Metaverso lo ha fatto per giocare, passare del tempo con gli amici, per una gita virtuale in una città, per fare shopping, per guardare un evento sportivo e un film, per lavorare con i colleghi. 

In conclusione, sono stati identificati 3 tipologie di frequentatori: 

  • entusiasti conoscitori – 31%, cluster con la concentrazione più alta di Millennials e Generazione X con un livello culturale medio
  • neofiti ottimisti – 29%, cluster rappresentato prevalentemente dalla generazione Z che pensa di utilizzare sempre più il Metaverso in futuro
  • scettici intimoriti: 40%, che rappresenta un pò tutte le generazioni con un livello culturale basso. 

Quale la visione delle aziende?

Secondo Polimi, sono 308 i  progetti internazionali realizzati, nell’ultimo anno, da 220 aziende, di diversi settori. 

La maggior parte dei progetti riguarda la relazione con l’utente finale e alla base hanno obiettivi di Comunicazione & Marketing: brand awareness, customer engagement, sales. Si inizia a ragionare su progetti relativi al Back End o all’area HR, ad esempio colloqui o formazione per i dipendenti. In ottica futura, secondo Polimi, il Metaverso potrà dare supporto nei processi industriali, tramite la simulazione di attività e di progettazione dei prodotti e possibilità di cooperare e interagire a distanza.

In conclusione, secondo gli osservatori del Politecnico di Milano, il Metaverso potrà trovare sviluppi in molti ambiti e diversi settori. Con quali accorgimenti? Non lasciarsi prendere dalla fretta, dalla moda del momento, per avere un ritorno mediatico ma definire una chiara strategia che si basi su una valutazione attenta dei possibili benefici.  

Certamente anche nel settore dell’Outsourcing il Metaverso può trovare applicazione, alcuni operatori stanno già realizzando progetti in ambito Customer Service. Per questo, come Gruppo De Pasquale continueremo a monitorare con estrema attenzione tutte le sue evoluzioni.   

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Un Paese sempre più digital

La digitalizzazione sta cambiando la nostra vita quotidiana, trasformando il modo in cui comunichiamo, lavoriamo, acquistiamo beni e servizi, fruiamo di intrattenimento. Si tratta di un fenomeno sempre più pervasivo, che evolve rapidamente e altrettanto rapidamente trasforma la nostra quotidianità. 

La pervasività del digitale è confermata, ancora una volta, dai dati We Are Social 2023, appena pubblicati. Con riferimento al nostro Paese, ormai l’86% della popolazione accede a Internet, siamo più attivi sui social, utilizzati da 44 milioni di persone, prediligiamo soprattutto contenuti video. 

Internet e social media

Gli utenti che in Italia accedono a Internet sono 50,78 milioni, l’86,1% della popolazione. 44 milioni di persone, circa il 75% della popolazione, utilizzano i social network

Rispetto allo scorso anno, passiamo meno tempo online (15 minuti in meno), ma un po’ più tempo sui social (un minuto in più).  

Chi accede a Internet lo fa soprattutto per cercare informazioni, per aggiornarsi attraverso news ed eventi, capire come fare determinate cose. 

Chi usa i social lo fa soprattutto per visitare pagine e partecipare a conversazioni legate all’informazione, per rimanere in contatto con amici, familiari, per passare del tempo. 

I contenuti video sono i preferiti, infatti, la loro fruizione continua a crescere. 

Meta domina la classifica delle piattaforme social più utilizzate, con WhatsApp usata dall’ 89% delle persone tra i 16 e i 64 anni. 

I motori di ricerca continuano ad essere la fonte principale per quanto riguarda la scoperta di nuovi brand, prodotti o servizi. 

Pubblicità digitale

Cresce del 9% la spesa per la pubblicità digitale, inclusiva di search e social. Grazie a questa crescita, lo share sulla spesa pubblicitaria totale arriva al 60%.

eCommerce

Finita la pandemia, non abbiamo certo abbandonato l’abitudine di acquistare online: il mercato dell’ecommerce continua a crescere e ha raggiunto un fatturato di 71 miliardi di euro nel 2022. 

Cosa ci riserverà il futuro?

Il futuro continuerà ad essere influenzato dalle evoluzioni dell’intelligenza artificiale, lo conferma l’ampia eco che ha avuto di recente la diffusione di strumenti di intelligenza artificiale creativa, ChatGPT in primis. 

Un ruolo importante avrà probabilmente il metaverso che, in evoluzione, potrebbe estendersi al campo della vendita, prendendo il posto dei più diffusi marketplace online.  

E’ evidente che il mondo digital rappresenta un’opportunità ma anche una sfida per la società odierna. Bisogna accoglierlo, ma bisogna anche comprenderne le implicazioni, adottare un approccio consapevole, ad esempio tutelando, soprattutto i giovanissimi, dalle insidie del web. 

Le aziende tutte non potranno che assecondare questo contesto in forte evoluzione. Come? Con un approccio non diverso da quello che caratterizza il singolo cittadino: accogliere la digitalizzazione come un’opportunità, adottarla con consapevolezza. 

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Outsourcing: una ricchezza per le aziende

Tecnologie, competenze e rapporti di partnership già da alcuni anni stanno generando un diverso ricorso all’Outsourcing di processi. 

Oggi, come emerge dall’indagine condotta da Censis e Gruppo De Pasquale, “La seconda transizione dell’Outsourcing”, chi ricorre all’Outsourcing cerca un partner che accompagni l’azienda in percorsi di razionalizzazione e ottimizzazione dei processi ma anche di innovazione. 

Questo nuovo approccio all’esternalizzazione, e non solo questo, è ben evidenziato nell’intervista al nostro presidente, Denise De Pasquale, realizzata da Cinquecolonne.

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La seconda transizione dell’Outsourcing

Un cambiamento di paradigma. È questo ciò che evidenza la ricerca condotta dal Censis e commissionata dal Gruppo De Pasquale dal titolo “La seconda transizione dell’Outsourcing”.

Lo studio dà una rappresentazione integrata e ottimistica delle scelte di esternalizzazione delle aziende italiane, un fenomeno che in Italia sta attraversando una fase di crescita e di cambiamento che gli attribuisce un ruolo sicuramente “più nobile” rispetto al passato. 

Oggi stiamo assistendo a una vera e propria transizione in cui le imprese che esternalizzano e quelle che decidono di acquisire la gestione dei processi – agevolate sicuramente dalla digitalizzazione che sposta il tutto su un livello di “ecosistema” – stanno modificando i propri rapporti di collaborazione e integrazione, generando opportunità per entrambe le parti in una logica win-win.

La relazione imprese-outsourcer

In questa seconda fase di transizione dell’Outsourcing, ovvero l’insieme di tutte le attività o i processi che imprese di varie dimensioni o enti affidano a terze parti sulla base delle diverse strategie di business perseguite, la ricerca Censis ha evidenziato come la qualità dei rapporti e delle relazioni fra imprese è diventato uno dei fattori più importanti in un contesto produttivo più complesso, più competitivo e più incerto. 

Il 38,7% delle imprese italiane afferma che la ricerca di nuovi mercati e nuovi clienti dà l’input per instaurare collaborazioni tra aziende. Il 36,1% lo fa per contenere i costi e il 22,9% per sviluppare innovazioni in termini di processi o prodotti. Non meno importanti questioni legate all’acquisizione di nuove competenze e tecnologie (19,1%) e alla flessibilità organizzativa (15%).

Questi dati ci mostrano un duplice aspetto: da una parte un orientamento outward- looking in cui le relazioni con altre imprese sono viste come opportunità di espandere il raggio d’azione cercando nuovi mercati e nuovi clienti, acquisendo nuove competenze, sfruttando il potenziale dell’innovazione tecnologica; dall’altra una visione inward-looking orientata all’ottimizzazione delle attività aziendali che fa leva sulla razionalizzazione dei costi, l’innovazione di prodotti/processi e l’incremento della flessibilità organizzativa.

L’Outsourcing orientato alle grandi aziende

Quando si parla di BPO si deve valutare anche l’impatto sull’utente finale.

L’indagine Censis, quindi, ha analizzato le modalità di accesso ai servizi inbound e outbound, la soddisfazione dell’assistenza ottenuta, l’attitudine dei servizi di contact center a risolvere i problemi della clientela, evidenziando un quadro completo degli aspetti positivi e degli elementi critici legati al Business Process Outsourcing.

Il 56,7% degli italiani è ben consapevole della presenza degli outsourcer che sono il punto di riferimento per la risoluzione delle loro richieste. I livelli di soddisfazione più alti si registrano nel settore bancario e assicurativo e, in generale, i servizi erogati attraverso i canali digitali sono quelli più apprezzati. La semplicità e la velocità sono fattori fondamentali al pari della capacità effettiva di risolvere il problema specifico, come anche le competenze degli operatori.

In conclusione, una riconsiderazione dell’Outsourcing come “approccio vantaggioso” alla gestione

«La ricerca conferma l’attenzione verso l’ottimizzazione dell’attività d’impresa, nell’accezione di razionalizzazione dei costi che ha sempre spinto il ricorso all’outsourcing, ma anche una crescente attenzione all’innovazione di processo, oltre che di prodotto, con l’obiettivo di mirare a un incremento continuo dei livelli di flessibilità e di adattabilità imposti dal mercato», ha commentato Denise De Pasquale, Presidente del Gruppo De Pasquale. «È su questo terreno che si misura la capacità del settore dell’outsourcing di continuare a crescere, giocando un ruolo di partner delle imprese negli ecosistemi che sempre più si stanno configurando, con un’offerta di servizi allineati ai processi di innovazione portati avanti dalle aziende clienti».

«Siamo entrati in una stagione nuova dell’outsourcing, in cui le aziende che esternalizzano e le aziende che acquisiscono la gestione dei processi stanno modificando i rapporti di collaborazione e integrazione, innalzando il potenziale di crescita per entrambe le parti, secondo una logica win-win», ha confermato Giorgio De Rita, Segretario Generale del Censis. «A questo punto, diventa essenziale osservare e analizzare l’evoluzione di questo settore che per vocazione riesce a trasferire e accelerare i processi di innovazione organizzativa sia nelle grandi che nelle piccole e medie imprese del sistema produttivo italiano».

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